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"Giudici"
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Introduzione al Libro dei Giudici

I Contenuti
Come dice il titolo, il libro parla di "giudici", ossia condottieri carismatici che Dio suscita per liberare il suo popolo dai nemici esterni. Il loro ruolo si limita abitualmente al periodo di emergenza e poi essi ritornano alla vita normale; tuttavia, lasciano un ricordo ben vivo e duraturo nella tradizione ebraica (vedi 2Sam 7,11; 2Re 23,22). Il termine "giudice" non ha un significato legale, di persona che amministra la giustizia, tanto è vero che come suo equivalente viene usato il sostantivo "salvatore". La funzione giudiziaria è forse da riservare ai giudici minori. Anche Dèbora, prima di compiere con Barak la missione di "madre in Israele" (5,7), era giudice d'Israele (4,5). Il libro si apre con due introduzioni. La prima dà un'informazione sommaria sull'insediamento degli Israeliti in Canaan, molto diversa da quella che si ha nel libro di Giosuè; la seconda offre considerazioni teologico-morali riguardanti il periodo dei giudici. La parte centrale è occupata dalla presentazione dei singoli giudici, in numero di dodici, che gli studiosi dividono in "maggiori" e "minori". Il libro si conclude con due appendici: la prima contiene il racconto della migrazione della tribù di Dan, con l'episodio del santuario privato di Mica e la fondazione del santuario di Dan; la seconda appendice racconta il delitto compiuto dagli uomini di Gàbaa e la punizione inflitta all'intera tribù di Beniamino. Il libro può essere diviso in questo modo:
Due introduzioni (1,1-3,6)
Storia dei giudici (3,7-16,31)
Due Appendici (17,1-21,25).

Le caratteristiche
Il libro dei Giudici contiene racconti di carattere diverso. Alcuni nascono dai fatti avvenuti: così, il c. 1 ci dà informazioni sull'insediamento in Canaan. Il ricordo dei giudici minori, cioè Samgar, Tola, Iair, Ibsan, Elon, Abdon (3,31; 10,1-5; 12,8-15), è dovuto a qualche elenco ufficiale antico. Nei capitoli dedicati a Sansone la fantasia popolare, amante dello straordinario e del folcloristico, ha un posto privilegiato. Nelle biografie dei giudici maggiori è ben presente, in vari modi, la rielaborazione del Deuteronomista. In modo analogo a quanto ha fatto in Giosuè, questo autore estende a tutto Israele ciò che riguardava una o poche tribù. Ricolloca l'azione dei giudici in un quadro cronologico, indicando la durata della loro giudicatura in cifre spesso convenzionali: venti, quaranta, ottanta anni. Attraverso la formulazione teorica della seconda introduzione (2,6-3,6) e la concretezza della storia dei giudici, il libro presenta le cause che portano Israele al suo vero male, cioè all'allontanamento da Dio per servire i Baal e le Astarti. Le biografie dei giudici maggiori sono caratterizzate da quattro momenti, secondo una formulazione dovuta forse al redattore deuteronomista: Israele pecca; Dio lo punisce con l'invasione di nemici; nella sofferenza Israele implora aiuto dal suo Dio; infine, Dio manda il giudice liberatore. Possiamo sintetizzare questi momenti in quattro parole: peccato, castigo, pentimento, salvezza. Il libro sottolinea inoltre che alcuni giudici vengono dotati dello spirito del Signore, che li mette in grado di svolgere la loro difficile missione. Si tratta di quattro giudici: Otnièl (3,10), Gedeone (6,34), Iefte (11,29) e Sansone (14,6; 15,14), indicati esplicitamente come le guide carismatiche d'Israele.

L'origine
Generazioni di ascoltatori e di lettori di parti di questo libro si susseguirono per secoli, nella lunga fase che portò progressivamente alla formazione del libro attuale. Come primo riferimento essi ebbero forse il cantico di Dèbora (Gdc 5), uno dei testi più antichi dell'AT. Generazioni successive accolsero le riflessioni che autori deuteronomistici fecero alla luce degli eventi. L'ultima stesura dovrebbe risalire all'epoca dell'esilio babilonese o ai primi anni del dopo-esilio. La generazione deportata a Babilonia rileggeva quei racconti, nella speranza che le veniva dai giudici e dalla loro azione salvatrice.