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"Lettere di PAOLO"
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Introduzione Lett. PAOLO

L’analisi storico-critica delle lettere paoline ha posto in dubbio, soprattutto a partire dal XIX sec., l’autenticità di alcune di esse. Se l’esegesi oggi è concorde nel ritenere certamente di Paolo sette lettere (Romani, 1-2 Corinzi, Galati, Filippesi, 1 Tessalonicesi, Filemone, scritte tra gli anni 50 e 60), più discusse sono Efesini, Colossesi, 2 Tessalonicesi, 1-2 Timoteo, Tito. Queste ultime formano tre gruppi distinti: Efesini e Colossesi, di alto contenuto ecclesiologico, sono affini tra loro e probabilmente la prima dipende dalla seconda; 1-2 Timoteo e Tito formano il gruppo delle “pastorali”; resta infine 2 Tessalonicesi. Differenze di ordine linguistico, stilistico e teologico rispetto alle lettere sicuramente autentiche inducono molti a collocare queste lettere nell’alveo della “tradizione paolina” e a considerarle pseudepigrafe, attribuite cioè a Paolo da suoi discepoli che hanno cercato di mantenerne vivo l’insegnamento dopo la sua morte. A volte vengono pertanto chiamate “deuteropaoline”. Tuttavia sono molti coloro che continuano a ritenerle opera di Paolo, totalmente o in parte. L’eventuale pseudepigrafia, in ogni caso, non ne compromette per nulla l’apostolicità, che consiste nel trasmettere e testimoniare la «predicazione apostolica» (Dei Verbum, 8) e non nel semplice fatto che esse siano state redatte da un apostolo: l’annuncio della salvezza, infatti, fu messo per iscritto, per ispirazione dello Spirito Santo, dagli apostoli e da «uomini della loro cerchia» (Dei Verbum, 7). Anzi, l’attribuzione pseudepigrafica a Paolo (ma il discorso vale anche per altri apostoli e altre lettere del NT) nasce proprio dalla coscienza della sua autorità apostolica, al cui servizio essa si pone.
Probabilmente Paolo scrisse altre lettere che sono andate perdute: in 1Cor 5,9 si fa cenno a una lettera scritta precedentemente da lui e spesso chiamata “precanonica”; in 2Cor 2,3-4 si parla di una lettera scritta da lui «tra molte lacrime», da situarsi tra la prima e la seconda ai Corinzi; in Col 4,16 si accenna a una lettera inviata ai cristiani di Laodicea. È inoltre possibile che alcune delle lettere a noi giunte siano dovute alla fusione di biglietti o lettere o frammenti di lettere: questo sarebbe il caso soprattutto di 2 Corinzi e Filippesi. Discontinuità di argomentazione, variazioni repentine di tono, incoerenze nella struttura, notizie che sembrano riferirsi a situazioni storiche differenti stanno alla base di questa ipotesi.
Le lettere di Paolo parlano alla vita delle comunità cristiane, che esse intendono guidare e rendere più obbedienti al Vangelo, ma presuppongono anche una vita ecclesiale da cui traggono origine: in queste lettere, infatti, si rispecchia la predicazione e l’organizzazione, l’istruzione e l’evangelizzazione che costituivano l’attività di Paolo, come pure si trovano in esse elementi liturgici, brani catechetici, citazioni e spiegazioni della Scrittura. Vi è cioè una tradizione pre-paolina da cui Paolo stesso ha attinto diversi materiali, riutilizzati poi nella stesura delle sue lettere. Egli stesso del resto lo dichiara espressamente: «A voi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto» (1Cor 15,3; vedi anche 11,23). È dunque possibile risalire dalle lettere di Paolo a materiali orali e scritti che circolavano nelle comunità cristiane e ne sostenevano la vita di fede.
L’autorità apostolica di Paolo e il fatto che egli stesso desiderasse che le sue lettere fossero lette anche in altre comunità cristiane, spiegano perché questi scritti siano stati raccolti e conservati. Già alla fine del I e agli inizi del II sec., è attestata infatti l’esistenza di un corpus di scritti paolini, ritenuto autorevole come la Scrittura stessa (2Pt 3,15-16).