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"INDIA"
"Induismo"
La generalità degli studiosi considera il Vedismo, la religione dei Veda praticata dagli indoari, all'origine di quello che noi oggi indichiamo come "Induismo".

Nel 1966 a Nuova Delhi la Corte suprema dell'India, definì normativamente la qualifica di hindū, e quindi di hinduism, con i seguenti sette punti:

  1. L'accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo agli argomenti religiosi e filosofici, e l'accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi induisti come base unica della filosofia induista;
  2. Lo spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell'interlocutore, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;
  3. L'accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia induista, di un ritmo dell'esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o yuga che si succedono senza fine;
  4. L'accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici induisti della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri;
  5. Il riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono molteplici;
  6. La comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere induisti e non credere che sia necessario adorare le Murti (rappresentazioni) delle divinità;
  7. A differenza di altre religioni o fedi, la religione induista non è legata a un insieme definito di concetti filosofici.


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"la realtà è Una"
Nell'Induismo l'intuizione fondamentale è che la realtà è Una. Il mondo, l'uomo, gli dèi, le cose che sono state, sono e saranno.
Tutto questo è l'unica e medesima Realtà: "Tutto è Brahman" (Chandogya Upanisad). E quando la persona ha attinto una conoscenza illuminata, anche lei può dire: "Io sono Brahman" (Brhadaranyaka Upanisad). Il Brahman è l'"Uno, senza secondo" (Chandogya Upanisad). L'io profondo dell'uomo, l'Atman, è anch'esso identico al Brahman.
Viene così riconosciuto che il Brahman-Atman è l'unico Assoluto, la radice e il fondamento di tutto, il Signore che regge e sostiene ogni cosa, la guida interiore e il fine di ogni vivente. In questo senso, il mondo non è creato e non ha consistenza in se stesso.
Tutto ciò che appare è lo stesso Brahman, che si manifesta attraverso ogni cosa. Egli è la Realtà vera di ogni manifestazione. Solo se si considera un fenomeno a sé stante, si può parlare di inizio e di fine, di nascita e di morte; ma il fenomeno stesso è sempre stato in seno al Brahman, e sarà in lui eternamente custodito.
Allora l'uomo non muore con la sua morte fisica? Non solo l'uomo non muore, ma in realtà egli non è mai nato.
La risposta che Krsna dà ad Arjuna nella Bhagavad Gita è la seguente:
"Non ci fu mai un tempo in cui non ero, io, tu, e questi prìncipi tutti, né ci sarà mai un tempo in cui non saremo, noi tutti, dopo questa esistenza. A quel modo che in questo corpo il sé incorporato passa attraverso l'infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, così, alla morte, egli assume un altro corpo. Il forte non è su ciò mai perplesso".
In altre parole, l'io profondo di ogni uomo, la verità della sua persona, è l'Atman, ed esso è identico al Brahman.

Com'è possibile che un uomo assuma diversi corpi?
E qui l'Induismo da interrogato diventa interrogante e chiede:
"tu che non ti ricordi neppure che cos'eri durante la tua infanzia, che non sai nulla di quello che eri nel seno di tua madre, che cosa puoi sapere di quello che eri prima di essere concepito, e di quello che sei in seno a Dio?".
Gettato nel mondo, l'uomo rimane in balia del ciclo delle nascite e delle rinascite (samsara).

L'uomo non potrà uscire dal samsara finché non attingerà l'Assoluto. Questo è il problema della Liberazione.
Per l'Induismo si tratta allora non di fuggire dal mondo quanto piuttosto di rientrare in seno al Brahman. Ciò che lega l'uomo al ciclo delle nascite e rinascite è il karma (azione).
L'uomo è normalmente spinto all'azione dal desiderio (kama) dei suoi frutti, dei suoi esiti. Ora, il desiderio dell'uomo nasce dal contatto con la realtà fenomenica e rimane chiuso entro i suoi confini.
Per cui l'azione umana piuttosto che essere un fattore di liberazione, è la causa che vincola l'uomo al ciclo delle nascite e rinascite.
Anche se l'uomo osservasse perfettamente tutta la Legge (Dharma), potrà ottenere una rinascita nobile, ma mai la liberazione.

La Bhagavad Gita dice chiaramente che l'uomo non può essere liberato grazie alle azioni compiute secondo la Legge, mentre la liberazione è il perfetto congiungimento con l'Origine ultima di tutte le cose.
Questo presuppone che si faccia pieno spazio alla sua presenza e alla sua azione. Essa è opera del supremo Signore; a Lui l'uomo deve affidarsi.

Ma allora Dio è per l'Induismo è personale o impersonale?

Il Brahman-Atman delle Upanisad è un Assoluto impersonale,
mentre la Bhagavad Gita introduce una concezione personale di Dio. Egli è la Persona suprema, che salva il suo fedele.

Tale concezione è fondamentale per capire il tipo di Yoga che la Bhagavad Gita presenta come strumento di liberazione.

Yoga significa anzitutto unione e, in riferimento al diverso modo di concepire il termine di questa unione ed i metodi per realizzarla, si danno diversi tipi di Yoga.
Lo Yoga classico comprende un insieme di tecniche che mirano al completo possesso di sé.

La Gita accetta le tecniche dello Yoga, ma sostiene che, dopo tutti gli sforzi umani, è comunque Dio che viene incontro al suo devoto, ed in questo incontro si realizza la liberazione.
Vi è una triplice via per la liberazione (trimarga): l'azione (karma yoga),
la conoscenza (jnana yoga)
e la devozione (bhakti yoga).
1) la via dell'azione è la via di colui che, sapendo che è Dio che agisce in ogni cosa, affida a Lui ogni sua azione e la compie senza attaccamento ai frutti;
2) la via della conoscenza non è la conoscenza che tutto è Brahman, ma è piuttosto la Grazia di una Rivelazione, manifestazione della Forma suprema di Krsna;
3) la via della devozione è la vera e propria essenza dell'Induismo, quella che permette di raggiungere la liberazione, ed è opera solo del Signore stesso.

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"Buddhismo"
Il buddhismo prende forma dall'insegnamento di SIDDHARTA GAUTAMA (560-480 a.C. circa). Una volta raggiunta l'illuminazione, si diede il nome di Buddha (l'illuminato).
Siddharta Nacque in una famiglia principesca, Il giovane principe venne allevato in mezzo al lusso, Ma un giorno dopo essersi reso conto che la vecchiaia, la malattia e la morte sono la sorte dell'umanità decise di dedicarsi alla ricerca della verità.
È possibile interrompere questa catena solo sconfiggendo l'ignoranza e il male che da essa deriva. La conoscenza liberatrice è riassunta nelle "quattro nobili verità": 1) c'è il dolore; 2) il dolore ha una causa; 3) il dolore può essere superato; 4) il modo per eliminare il dolore è pratica l'Ottuplice Sentiero.
L'ottuplice sentiero contiene i precetti etici del Buddha: retta comprensione, retto pensare, retto parlare, retto agire, retto sostentarsi, retto "tendere verso", retta concentrazione, retta meditazione.
Questo Ottuplice Sentiero porta a prendere coscienza di sé, del proprio intimo, porta alla sapienza e fuga l'ignoranza; il suo frutto consiste nella serenità, nella conoscenza e nella illuminazione, che è il Nirvana, lo stato di pace perfetta e di perfetta felicità.
Coloro i quali riconoscono le quattro verità e intraprendono l'ottuplice sentiero, giungono alla liberazione, alla coscienza di sé, e alla sapienza.
Meta auspicata è il nirvàna (estinzione), con cui si intende la totale estinzione della sete di vivere e la liberazione dal ciclo delle rinascite. Già nel corso della propria esistenza l'illuminato può giungere alla liberazione da ogni forma di desiderio.
Il Buddhismo respinge la nozione di anima intesa come la sostanza individuale, personale, autonoma e immortale nei confronti del corpo.
Il Buddhismo, nega che il cosiddetto sé sia una sostanza indipendente dai processi che formano una persona. La credenza in un sé sostanziale è proprio alla base della sofferenza, perché tale credenza rende possibile l'attaccamento dei vari processi appunto ad un sé che soffrirebbe: io soffro, io gioisco, io agisco… Questo errore fondamentale, questo ignorare quale sia la verità (per il Buddhismo) permette l'attaccamento e rende perciò reale la sofferenza ed impossibile a superarsi.
Seppur Buddha stesso non designò alcun successore né diede direttive riguardo una forma particolare di organizzazione, col passare del tempo fu necessario ricorrere a qualche forma di organizzazione per tenere insieme la comunità (sangha).
Il sangha è l'ordine dei monaci buddhisti (bhikku).
Oggi il Buddhismo è diviso, grosso modo, nella scuola meridionale o Theravada (diffuso in Birmania, Sri Lanka, Thailandia, Cambogia), chiamata anche Piccolo Veicolo, e nella scuola settentrionale, forse più conosciuta ai profani, del Mahayana (diffuso in Tibet, Mongolia meridionale, Cina, Giappone, Corea, Vietnam), chiamata Grande Veicolo.
Queste due scuole sono due aspetti complementari di un tutto.
Vi è dunque il novizio; quindi il monaco vero e proprio; poi l'anziano e in ultimo il grande anziano. La disciplina è regolata da un codice, Patimokkha, che contiene 227 precetti.
Il giorno di riposo è il sabato. Le tre feste più importanti sono il Capodanno, il Giorno del Buddha e la Quaresima.
Il Capodanno cade in genere nel mese di aprile e celebra la festa dell'acqua.
Nel Giorno del Buddha si commemorano la nascita, l'illuminazione e la morte di Buddha.
La Quaresima buddhista dura tre mesi, dalla luna piena di luglio alla luna piena di ottobre. In questo periodo, i monaci non possono viaggiare e non possono passare la notte fuori dal monastero se non in caso di gravi necessità. In tale epoca non si possono celebrare matrimoni, non si possono svolgere giochi e altre forme di divertimento pubblico.