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"HEGEL"
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Hegel I
Fra le componenti della formazione intellettuale di GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL (1770-1831) sta il pietismo svevo, una corrente marcatamente gnostica sviluppatasi all'interno del protestantesimo.
Da esso è necessario prendere le mosse per comprendere l'idealismo speculativo, l'interpretazione della storia, la triade del metodo dialettico e la definizione della
    «realtà come tutto».
Anche il pensiero di Rousseau, inoltre, determinò un costante interesse pratico nel sistema hegeliano degli anni della maturità.

Insieme ad Aristotele e a Tommaso d'Aquino, Hegel è considerato uno dei grandi filosofi sistematici.
Aristotele fonda la metafisica come teologia, ovvero dottrina delle ragioni prime, divine.
Tommaso d'Aquino è filosofo in quanto teologo.
Hegel non è solo autore degli Scritti teologici giovanili; la sua filosofia sistematica può essere, in sostanza, interpretata come una sorta di teologia, o, meglio, come teologia della storia.
Un accenno al riguardo si trova in GIOACCHINO DA FIORE (1135 ca.-1202), il quale interpreta la storia come successione di tre epoche, corrispondenti alla Trinità divina: il regno del Padre, rappresentato dalla legge del Vecchio Testamento, il regno del Figlio, che sussiste attraverso la chiesa, e un regno dello Spirito Santo, che ancora non è stato realizzato.

Hegel concepisce la dialettica come la logica che è alla base della natura del pensiero e della realtà stessa: ogni tesi cela già in sé la propria antitesi ed entrambe si risolvono nella sintesi; questo "risultato" deve essere inteso sia come conservazione che come negazione ed è un mediatore che ha ancora in sé la certezza della sua origine.
La dialettica evidenzia le contraddizioni (p. es.finito-infinito),
come momenti del passaggio o del divenire a un tutto il cui di volta in volta ultimo livello lascia dietro di sé entrambi i precedenti senza abbandonare il significato proprio di essi.
Anche le situazioni e i fenomeni all'intera della storia non sono, secondo Hegel, errori casuali, quanto, piuttosto, fasi necessarie dello sviluppo di una materia vivente più ricca.
La storia compresa, ovvero correttamente interpretata, costituisce il ricordo interiorizzato dello spirito.
Lo spirito stesso si è alienato o privato di sé per poi riconciliarsi nuovamente con se stesso o rientrare in sé.
Hegel descrive il processo attraverso il quale lo spirito si fa altro da sé nella forma a esso estranea della natura e torna in se stesso nell'uomo, dopo essere passato attraverso la storia.
Al termine di questo "andare in sé" sta lo spirito che sa di essere se stesso, l'assoluto, come
    «identità dell'identità e della non identità».

Nell'ambito della filosofia lo spirito conosce se stesso come soggetto e come sostanza: il soggetto che pensa se stesso e il mondo coincide con la sostanza del mondo.
Qui esso ritrova l'identità di essere e pensiero, poiché la sostanza è lo spirito che sviluppa se stesso come totalità cosciente di sé:
    «Esso è di per sé il movimento, che è il conoscere,
    la metamorfosi di ogni 'in sé' in 'per
    sé',... dell'oggetto della coscienza in [quello della]
    coscienza di sé, ovvero... nel concetto».

Più che una forma data dall'esterno, il sistema hegeliano è un orientamento interiore verso il tutto.
Hegel identifica il sistema con l'unica forma possibile di rappresentazione della verità scientifica:
    «Che il vero sia... reale solo come sistema è espresso
    nell'idea che definisce l'assoluto come
    spirito... Solo lo spirituale è reale,... è
    'in sé e per sé'».
Tramite la sua rappresentazione organica del tutto, Hegel intende superare anche i dualismi kantiani ("cosa in sé" e "fenomeno"; "fede" e "sapere").
Nel movimento dello spirito tutti gli stadi dello sviluppo e delle opposizioni che si creano sono, inoltre, indispensabili, poiché al termine devono risolversi nell'intiero per poter esprimere la realtà:
    «Il vero è l'intiero, ma l'intiero è solo l'essenza
    che si completa attraverso il suo sviluppo.»
La Fenomenologia dello spirito (1807) viene pubblicata da Hegel come propedeutica al suo "sistema della scienza".
Quest'opera è concepita come prima parte del sistema ma costituisce già, al tempo stesso, il suo culmine e descrive una «storia dell'esperienza della coscienza».
Più tardi, Hegel scrisse:
    «In [essa] ho descritto la coscienza nel suo
    procedere dal primo opporsi di sé e dell'oggetto
    fino al sapere assoluto.»
La fenomenologia dello spirito analizza la sequenza delle figure del sapere apparente fino al punto in cui la coscienza non può più superare se stessa perché «il concetto corrisponde all'oggetto, l'oggetto al concetto».
L'autoesame della coscienza che a tal fine può seguire il criterio suo proprio si basa sull'interrogativo che riguarda la corrispondenza fra l'in-sé dell'oggetto e il modo in cui questo in-sé è per la coscienza.
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Hegel II
Il percorso dalla coscienza al concetto della scienza passa attraverso l'autocoscienza, la ragione, lo spirito e la religione .
Il motore è la dialettica.
    «Il sistema che in questo modo si costruisce è
    completo se l'opposizione di soggetto e oggetto
    che caratterizza... la coscienza naturale
    è superata, cosicché entrambi, soggetto e oggetto,
    vengono conosciuti come unità indivisibile
    e si raggiunge un livello al quale il contenuto
    della coscienza corrisponde al suo criterio
    di verità.» (H.F.Fulda)
A quest'ultimo livello la Fenomenologia libera, come espressione del mutamento di forma dall'autocoscienza al sapere assoluto, una forma di conoscenza che ha l'assoluto in se stessa.

Hegel la definisce logica (in Scienza della logica, uscita fra il 1812 e il 1816).
La logica non è tanto una dottrina formale delle leggi del pensiero espresse in concetti, giudizi e deduzioni, quanto
    «la scienza del pensiero puro, ovvero delle idee
    nell'elemento astratto del pensiero»...
    «L'idea è il vero in sé e per sé, l'unità assoluta
    del concetto e dell'oggettività.» La logica è il «sistema della ragion pura», il regno del puro pensiero, è la verità:
    «... il suo contenuto è la rappresentazione di
    Dio, come egli è nel suo essere eterno prima
    della creazione della natura e di uno spirito
    finito.»
In particolare, i primi due volumi trattano della logica oggettiva (essere ed essenza), il terzo della logica soggettiva (dottrina del concetto).
La dottrina dell'essere prende le mosse dalla tesi che il puro essere e il puro nulla siano la stessa cosa, poiché entrambi sono perdita di determinazione.
La loro verità consiste nel passaggio dell'essere nel nulla e del nulla nell'essere.
    «La loro verità è dunque il movimento
    dell'immediato scomparire dell'uno nell'altro:
    il divenire.»
Nel 1817 Hegel pubblicò la Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, dove espone interamente il suo sistema.
La struttura dell'opera è articolata essenzialmente secondo triadi e si divide in tre parti principali:
- la logica, scienza dell'idea in sé e per sé,
- la filosofia della natura, scienza dell'idea nel suo "essere altro",
- la filosofia dello spirito, ovvero dell'idea che dal suo "essere altro" o "fuori di sé" "torna in sé".

L'ultima parte tratta tre gradi del rapporto dello spirito verso se stesso; come spirito soggettivo, ulteriormente diviso in tre parti:
- derivante dalla natura e immediatamente determinato (antropologia),
- come coscienza in opposizione a una natura preesistente (fenomenologia),
- rapportandosi alle determinazioni sue proprie (psicologia).
In qualità di spirito oggettivo, esso esce al di fuori della sua sfera soggettiva per dare forma al mondo esterno secondo la sua volontà e produrre valori.
Esso si manifesta nel diritto, nella moralità e nell'eticità.
Sotto forma di spirito assoluto, esso si costituisce nell'identità del sapere di-se-stesso nell'arte, nella religione e nella filosofia e acquista contemporaneamente autonomia rispetto alle sue forme finite.

La possibilità che venne offerta a Hegel nella città di Berlino di esercitare una vasta influenza in ambito politico, è evidente nella filosofia del diritto, elaborata nel 1821 (Lineamenti di filosofia del diritto).
Il libro contiene
«l'intero sistema nel determinato elemento della ragion pratica».

La prefazione a quest'opera raggiunse una celebrità gravida di conseguenze con la frase: «Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale», che divenne la formula della restaurazione, del conservatorismo politico, della giustificazione filosofica della grazia divina e della canonizzazione della realtà esistente.
Hegel venne promosso a «filosofo ufficiale dello stato prussiano».
Successivamente, egli tentò di limitare questa prospettiva: per realtà è da intendersi non solamente ciò che è empirico, quanto l'esistenza che si identifica con il concetto di ragione.
Non sono stati definiti razionali né lo stato prussiano né qualsiasi altro accadimento storico, bensì l'eterno presente che incessantemente sussiste e contiene in sé il superamento di tutto il passato.
La filosofia del diritto appartiene alla sfera dello spirito oggettivo.
Essa tratta come sue proprie tre parti:
- il diritto astratto, forma di esistenza esterna, oggettiva che la libera volontà si dà,
- la moralità, disposizione soggettiva, interiore,
- l'eticità, insieme della sfera oggettiva e della soggettiva che si dispiega in tre istituzioni:
la famiglia, la società civile e lo stato.
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Hegel III
Lo stato è, per Hegel, «la realtà della libertà concreta» e garantisce l'unione dell'individuale con l'universale:
    «Il principio degli stati moderni possiede
    questa indicibile forza e grandezza: consentire
    che il principio della soggettività si risolva
    in un estremo indipendente della particolarità
    individuale e al tempo stesso ricondurlo all'unità
    sostanziale, e in tal modo mantenere questa in esso.»
Hegel individua il compito della filosofia nell'«apprendere il proprio tempo con il pensiero», dare espressione al presente.
La prefazione alla Filosofia del diritto si chiude con la celebre frase:
    «Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro,
    allora un aspetto della vita è invecchiato e,
    dal chiaroscuro, esso non si lascia ringiovanire
    ma soltanto riconoscere; la nottola di Minerva
    inizia il suo volo sul far del crepuscolo.»
La filosofia è sapiente "commentatrice" degli eventi storici compiuti, per l'interpretazione dei quali essa dispone di categorie.

Nell'ultimo decennio della sua vita, Hegel pubblicò ancora voluminosi corsi di lezioni sulla filosofia della religione, la filosofia della storia, e sull'estetica che completano il suo sistema.
Alla base della filosofia della storia sta il principio secondo il quale
    «la ragione governa il mondo, e quindi
    anche nella storia del mondo si
    è proceduto razionalmente».
    «Fine della storia del mondo è, quindi, che lo
    spirito pervenga alla conoscenza di ciò che
    esso è realmente, e renda oggettiva questa conoscenza,
    la realizzi in un mondo presente, si
    definisca universale.»
Lo spirito del mondo si serve delle azioni dei singoli uomini, delle "personalità storiche", per realizzare i suoi scopi.
Queste personalità
    «sono, nel mondo, le figure più imponenti,
    e, conoscono perfettamente quali azioni siano
    da compiere; e ciò che fanno è giusto.
    Gli altri devono obbedire, perché essi hanno tale
    percezione. I loro discorsi, le loro azioni sono
    il meglio di quanto poteva essere detto, essere
    fatto».
Costoro ritengono, tuttavia, di perseguire esclusivamente i propri scopi, mentre in realtà l'astuzia della ragione si serve di questi per la sua finalità universale.
Essi sono solo gli amministratori dello spirito del mondo.
Non si tratta della felicità del singolo: nel cammino dello spirito del mondo attraverso la storia vengono talvolta calpestati fiori innocenti.
    «La storia del mondo non è il terreno della felicità.
    I periodi di felicità sono, al suo interno, fogli bianchi.»

L'estetica di Hegel vede nell'arte la manifestazione dell'assoluto nella forma della contemplazione.
La bellezza dell'arte si colloca
    «nel mezzo fra il sensibile come tale e il pensiero puro».
È proprio della natura dell'arte tradursi in esistenza oggettiva; l'essenza interna della religione può essere mascherata dal culto e dal dogma; l'essenza dell'arte, al contrario, si può rivelare nell'oggettività solo più pura e perfetta.

La filosofia della religione hegeliana culmina con la frase:
    «Il contenuto della religione cristiana come
    grado di sviluppo in assoluto più alto della
    religione coincide in tutto e per tutto con
    il contenuto della vera filosofia.»
La filosofia è la prova della verità che Dio è amore, spirito, sostanza, soggetto e processo che eternamente ritorna in sé.
L'uomo conosce Dio solo per quanto Dio nell'uomo sa di se stesso.
Questo è il sapere del sapere, l'autocoscienza di Dio nella coscienza infinita.
La teosofia di Hegel identifica il sapere umano con il compimento della realtà di Dio.
Questo è il diritto supremo mai prima rivendicato da una filosofia.

L'opera di Hegel ebbe straordinaria efficacia soprattutto nel XIX secolo.
La sua complessità consentì una molteplicità di interpretazioni,
dalle teistico-idealistiche alle ateistico-materialistiche.
Come conseguenza, si formarono gli schieramenti della destra e della sinistra hegeliana.
Nel marxismo, la dialettica divenne il metodo determinante per la spiegazione dei processi sociali, economici e storici.
La critica al sistema hegeliano costituì, per molti dei filosofi posteriori, come per esempio Kierkegaard, un impulso fondamentale nella formulazione del loro pensiero.