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"LA RIFORMA"
filosofica di Titolo
La Riforma
Il problema del potere statale rappresenta una questione di fondo nell'ambito della teoria dello stato.
JEAN BODIN (1530-1596) definisce il concetto di sovranità che caratterizza lo stato.
Essa costituisce l'autorità massima, assoluta, durevole.
Detentore dei diritti di sovranità (legislazione, strategia bellica, potere giudiziario e finanziano) è il sovrano assoluto, che deve rispondere esclusivamente a Dio e al diritto naturale.
Il potere che gli viene conferito è irrevocabile.
Tuttavia, egli deve rispettare la libertà e le proprietà dei cittadini.
JOHANNES ALTHUSLUS (1557-1638) sostiene un diverso punto di vista.
A suo parere, la sovranità è del popolo, che incarica solo revocabilmente il sovrano di esercitare il governo.
Il popolo ha pertanto il diritto di destituire il monarca.

Nella sua opera De iure belli ac pacis,
UGO PROZIO (1583-1645) fa osservazioni di carattere generale sul concetto di diritto naturale, distinguendo fra il diritto positivo, ovvero costituito e di volta in volta vigente, e il diritto di natura, immutabile, normativa.
La legge positiva ha diritto di validità solo se è conforme al diritto naturale.

I fondamenti del diritto naturale sono l'istinto sociale dell'uomo, che lo spinge ad aggregarsi in comunità strutturate, e la sua ragione, in virtù della quale egli può riconoscere quel che è conforme alla natura (creata da Dio) dell'uomo.
La sostanza teorica del diritto naturale può essere rilevata, da un lato, da principi evidenti, che derivano dalla natura umana stessa; dall altro, dall'osservazione di ciò su cui i popoli civili, nelle loro opinioni, concordano.

Con Il principe, NICCOLÓ MACHIAVELLI (1469-1527)
segna una nuova direzione per la filosola Politica, svincolando la politica dall'etica e rompendo così un connubio che sussisteva dall'antichità.
Il suo interesse è rivolto non tanto a uno stato costruito su ideali di tipo etico, quanto, piuttosto, all'analisi di ciò che è reale.
    «... perché elli è tanto discosto da come si vive
    a come si doverrebbe vivere, che colui
    che lascia quello che si fa per quello che si
    doverebbe fare, impara più tosto la ruina che
    la preservazione sua: perché uno uomo che
    voglia fare in tutte le parte professione di
    buono, conviene rovini infra tanti che non
    sono buoni.»
In un momento storico che Machiavelli vede scosso da crisi politiche e sul quale incombe la minaccia di un crollo interno, egli intende indicare la via per costruire uno stato dalla solida struttura, la cui organizzazione rafforzi la coscienza morale dei cittadini.
A tal fine sono necessarie l'abilità e la volontà di potenza del sovrano.
Egli descrive, pertanto, quali devono essere le qualità di un principe in grado di organizzare lo stato e conservare il potere.
Per conseguire tale fine in modo efficace, Machiavelli presuppone la separazione di etica e politica.
Il principe deve, se necessario, essere anche pronto a esercitare il Male.
Ai fini della conservazione del potere non è utile la bontà d'animo, quanto, piuttosto, dare l'impressione di possederla, per ottenere il rispetto del popolo.
Quale modello Machiavelli sceglie Cesare Borgia.
La fortuna e la sventura degli uomini dipendono dalla loro forza (virtù) e dalle circostanze esterne (fortuna), che sono casuali.
Pertanto, il principe deve essere in grado di adeguarsi alle esigenze esterne e possedere, inoltre, la virtù di dominare il destino cangiante.

Il radicale mutamento del modo di pensare verificatosi in conseguenza delle diverse condizioni storico-sociali investì, infine, attraverso la Riforma, anche la chiesa cristiana e ne causò la scissione.
L'esigenza di rinnovamento, resa pressante dal moltiplicarsi degli abusi ecclesiastici, esplose in virtù della personale esperienza di fede di
MARTIN LUTERO (1483-1546).
Lutero prende le mosse dalla totale peccaminosità e depravazione della natura umana, per cui all'uomo non è possibile ottenere giustificazione davanti a Dio attraverso lo sforzo della propria volontà, bensì solo tramite la grazia (sola gratia) divina e la fede (sola fide).
In tal modo viene respinta la funzione mediatrice rivendicata dalla chiesa cattolica, poiché nell'atto di fede il singolo sta in un rapporto diretto e di responsabilità personale davanti a Dio.

Come unica autorità è riconosciuta la parola di Dio nella scrittura (sola scriptura).
Alla struttura gerarchica della chiesa si sostituisce l'idea della comunità e del sacerdozio di tutti i credenti.
L'elezione della propria interiorità a esclusiva depositaria della fede produce una scissione nell'esistenza del singolo: l'individuo vive, contemporaneamente, in un mondo interiore, spirituale, da un lato, e in uno esteriore, il mondo dello stato dall'altro.

L'austero protestantesimo elaborato
da GIOVANNI CALVINO (1509-1564), in base al quale il successo professionale ed economico nell'ambito della comunità è considerato segno dell'elezione (predestinazione) divina, costituisce il punto di partenza per lo sviluppo di un'etica del lavoro propria delle moderne società capitalistiche.