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"XX SECOLO"
filosofiaHartmann-Whitehead
Hartmann-Whitehead
NICOLAI HARTMANN (1882-1950) si pone lo scopo di fondare
una nuova ontologia.
Fondamentale è il distacco dalla tradizione soggettivistica che vede nel conoscere un creare l'oggetto.
Gli atti conoscitivi sono, piuttosto, trascendenti, rimandano a un oggetto al di fuori di essi.
Anche l'etica e la gnoselogia sono correlate all'ontologia che Hartmann applica come analisi categoriale.
In tal modo, la conoscenza è concepita come identità di categorie conoscitive e categorie dell'essere, ed è data, tuttavia, solo in parte.
Nella conoscenza permane sempre un "eccesso" di non conoscibile.
Le categorie di Hartmann costituiscono diversi gruppi:
- categorie modali: i modi della realtà, possibilità e necessità consentono la suddivisione in diverse sfere dell'essere, per esempio in essere reale (temporale) e ideale (sovratemporale).
Hartmann sostiene per la sfera del reale la coincidenza di possibile, reale e necessario.
- Categorie fondamentali: anch'esse valgono Per tutto l'essere.
Hartmann enumera, fra il resto:
"1.Principio e concretum, 2.struttura e modus, 3.forma e materia ..."
- Categorie particolari: per esempio quella della fisica, della biologia, della matematica.

L'essere è, a seconda delle categorie di volta in volta valide all'interno delle sfere, da suddividersi ulteriormente in gradi o classi.
L'essere reale, per esempio, si fonda nell'inorganico, nell'organico, nello psichico e nello spirituale.
Ogni classe più elevata si sovrappone all'inferiore.
Hartmann elabora, al riguardo, stratificazioni delle classi, in base alle quali le categorie della classe inferiore si ripresentano nella classe superiore, ma non il contrario.
Poiché le categorie nella classe superiore vengono riformate e le categorie di essa determinano il suo carattere, è esclusa la determinazione dal basso.

ALFRED NORTH WHITEHEAD (1861-1947), con la sua opera principale
Processo e realtà (1929), intende fornire una spiegazione speculativa del mondo.
Egli corregge alcuni equivoci del pensiero occidentale: vengono sottoposti a critica la "biforcazione" di spirito e materia, la divisione classica in sostanza e accidente o le concezioni classiche del tempo.
Whitehead vuole sfuggire all'errore che nasce dalla confusione di astratto e concreto.
La sua filosofia deve distinguersi per l'adeguatezza: essa deve
    «formulare un sistema coerente, logico e necessario
    di idee universali, con l'aiuto delle quali
    sia possibile interpretare ogni elemento
    della nostra esperienza».

A tal scopo, Whitehead elabora un complicato sistema di categorie che intende comprendere tutto il reale.
Reale è, nel senso del "principio ontologico", sempre solo il singolo concreto.
Tutta la realtà è un evento in processo, nel quale essa consegue «oggettiva immortalità».
Ogni evento è caratterizzato da una prensione.
In essa si incontrano determinazioni che derivano dal passato dell'oggetto corrispondente e quelle che rimandano al futuro.
Le cose reali che rappresentano gli eventi scelgono liberamente di volta in volta una di queste possibilità e raggiungono lo stato di realizzazione quando la possibilità si concretezza.
Questi processi sono bipolari, ovvero hanno, accanto al polo fisico, un polo mentale nella sensazione soggettiva.
Nel processo, la cosa si determina accogliendo nuovi contenuti ma anche delimitandone altri.
Essi sono così contenuti insieme come dati in ogni forma del reale.
La relazione di eventi viene chiamata da Whitehead nexus
(p. es., contemporaneità).
A seconda del loro grado di complessità e azione reciproca essi possono essere anche intesi come unioni che sole garantiscono la durata.
Una molecola all'interno di una cellula è, per esempio, parte di una società "strutturata" perché in quella collocazione possiede qualità che al di fuori di essa non avrebbe.
Le possibilità date nel processo sono condeterminate da oggetti atemporali.
Queste "idee" hanno diversa rilevanza nel costituirsi di una cosa singola, e sono, tuttavia anche solo reali se vengono realizzate in un evento di cui rappreentano il fine.
I loro rapporti dipendono dall'attività ordinatrice di Dio.
    «In tal senso, Dio è il principio della concretizzazione... ,
    dal quale ogni concretizzazione temporale
    riceve il fine originario... Questo fine
    determina le differenziazioni iniziali
    della rilevanza di oggetti atemporali.»
Whitehead definisce questo aspetto la natura originaria di Dio e gli pone accanto la natura conseguente, nella quale Dio è unito a ogni creatura, come espresso in immagini:
    «[Dio] non ha creato il mondo; egli lo salva;
    o, meglio: egli è il poeta del mondo; con affettuosa
    pazienza lo guida con il suo senno al vero,
    al bello e al bene.»
Il mondo e ognuno dei suoi elementi vengono concepiti da Whitehead come un organismo, nel quale a ogni componente spetta un proprio significato per sé e per il tutto.
Esso è determinato una completa creatività.
FilosofiaMarxista

Marxismo
Lo sviluppo e la trasposizione nella realtà politica delle dottrine di Marx ed Engels avviene per opera di VLADIMIR IL'IC UL'JANOV (1870- 1924) detto LENIN, che condanna il "revisionismo", la tendenza a instaurare il socialismo attraverso riforme costanti.
Secondo Lenin il capitalismo monopolistico fa dello stato uno strumento di repressione.
A esso Lenin oppone la sua teoria sulla rivoluzione, che attua in Russia nel 1917.
Fulcro del suo bolscevismo è la (transitoria) "dittatura del proletariato", guidata dal partito.
Questa élite deve essere condotta in modo rigorosamente centralistico ed è portatrice dell'"ideologia", ovvero della teoria corretta.
Nell'analisi della politica estera, Lenin considera soprattutto l'imperialismo.
La divisione del mondo da parte di associazioni nell'ambito delle quali si concentra il capitale è conseguenza di una crisi di mercato costante.
Il materialismo elaborato da Lenin considera la conoscenza accostamento alla realtà attraverso l'esperienza.
Nonostante la verità oggettiva sia presupposta, essa è limitata dalle condizioni storiche.
Per la Cina, MAO TSE-TUNG (1893-1976) ha costruito un'ideologia rivoluzionaria, basata sul concetto di una rivoluzione permanente da compiersi a tappe.

Con una materia estremamente ricca e una notevole incisività di linguaggio, ERNST BLOCH (1885-1977) pone la filosofia di Marx al centro dell'opera a cui si dedicò per tutta la vita: la comprensione dell'utopia.
La sua opera principale, Principio speranza (1954-59), rappresenta un'enciclopedia della speranza dell'uomo.
Bloch indica l'elemento anticipatore, l'anticipazione, come eccezionale qualità della coscienza.
Il bisogno e la sua possibile soppressione si esprime a tutti i livelli dell'essere dell'uomo: come spinta, poi come aspirazione e desiderio, collegato a un fine indeterminato per la ricerca e a uno indeterminato per l'istinto.
Se rimane inappagato ma il suo fine è cosciente, nasce il desiderio e, infine, la volontà.
L'uomo è posto nel futuro, che non è per nulla certo.
Nell'arte e nella religione il limite verso il non ancora noto alla coscienza è superato, in quanto esse sono un «venire alla luce di un qualcosa di riuscito».
Un ulteriore tesoro di contenuti non ancora raggiunti è rappresentato, secondo Bloch, dal diritto naturale.
In qualità di «più severo cugino dell'utopia», esso delinea i confini dei rapporti sociali nell'ambito dei quali è possibile la libertà umana.

Tuttavia, talora copre iniquità contro il progresso reale.
Le fantasie soggettive e le immagini della speranza hanno il loro pendant nella realtà oggettiva, attraversata dal non-ancora come la realtà soggettiva.
Il mondo si trova in un processo dialettico, per il quale Bloch indica tre categorie:
1) "fronte", ovvero quel primo periodo di tempo dove viene stabilito ogni volta il futuro;
2) "novum", la materia sempre rinnovata del futuro dalle possibilità reali;
3) "materia".
Bloch concepisce la materia come forza dinamica-creatrice, unico substrato per la possibilità reale e garante del novum.
Il tempo deve essere considerato una grandezza flessibile.
Quanto è, all'apparenza, contemporaneo (secondo il tempo dell'orologio) appartiene a ambiti diversi di diverse epoche; all'interno della società si trovano "contemporaneamente" elementi attuali ed atavici.
Bloch definisce insieme a Marx lo sviluppo della ricchezza della natura umana nelle ultime pagine di Principio speranza come suo fine.

Al marxismo si accostò, nei suoi anni giovanili, BENEDETTO CROCE (1866-1952); egli ne respinse, successivamente, le suggestioni, avendo individuato nell'impostazione marxiana la volontà di dedurre le teorie economiche e sociologiche da presupposti morali (Materialismo storico ed emnomia marxista, 1900).
Lo studio della dialetica di Hegel (Ciò che è vivo e ciò che è morto nella filosofia di Hegel, 1906) e la posizione nettamente antipositivistica che Croce assunse in quel periodo, lo condussero all'elaborazione di un neohegelismo che, in Italia, dominò la cultura per oltre quarant'anni.
Alla nozione di opposizione, formulata da Hegel, tra gli elementi che strutturano la realtà, Croce aggiunge la nozione di distinzione: l'arte, per esempio, è una forma autonoma dello spirito, distinta dalla filosofia e non opposta a essa.
Uguale distinzione sussiste fra le tre altre forme dello spirito, la logica, l'economia, l'etica.
La storia è l'unica forma autentica di conoscenza (da cui la definizione di "storicismo assoluto" data al suo pensiero.
Essa è storia di progressi e realizzazione di libertà; suo soggetto è lo spirito del mondo.
La filosofia può essere "metodologia della storia".

GIOVANNI GENTILE (1875-1944) riformò l'hegelismo, risolvendo ogni cosa nell'immanenza dello spirito (Teoria generale dello spirito come atto puro, 1916).
Unica realtà è il pensiero pensante, l'atto del pensiero, da cui la denominazione di "attualismo" data al suo sistema.

TeoriaCritica

Teoria critica
Gli esponenti di maggiore rilievo della teoria critica, chiamata anche scuola di Francoforte, poiché in tal luogo fu creata la sede dell'Instituto "Sozialforschung", sono MAX HORKHEIMER (1895-1973),
THEODOR W. ADORNO (1903-1969)
e HERBERT MARCUSE (1898-1979).
Le persecuzioni di cui furono oggetto da parte del nazionalsocialismo li costrinsero a cercare rifugio in America.
Seppur con accenti diversi, perseguirono un'analisi critica della società di impronta fortemente marxiana.
Caratteristiche generali del loro pensiero sono un netto rifiuto dell' impostazione sistematica e dell'esistente uniti a un atteggiamento di scetticismo nei confronti delle possibili alternative.
Conseguentemente, scrissero soprattutto saggi, studi e aforismi.

Horkheimer definisce la teoria critica come segue: nella teoria tradizionale la produzione di conoscenza è limitata ad aspetti parziali.
Essa riproduce solo la sua situazione preesistente e afferma in tal modo le condizioni sociali nelle quali si forma.
Horkheimer, all'opposto, sostiene:
    «La teoria critica della società ha... come oggetto
    gli uomini in qualità di produttori delle
    loro complessive forme di esistenza storiche.»

L'Institut fùr Sozialforschung utilizza come metodo soprattutto studi interdisciplinari.
Un'analisi della società è necessaria perché tutti i fatti sono socialmente "preformati".
Devono essere elaborati nuovi criteri.
Non si tratta, pertanto, di effettuare modifiche all'interno del sistema, ma di sottoporre quest'ultimo a critica globale.
Questa critica può essere formulata in quanto l'uomo stesso è considerato soggetto della sua storia.
Espresso in forma di "giudizio esistenziale":
    «Non deve necessariamente essere così, gli
    uomini possono modificare l'essere.»
Fine di questo cambiamento è una forma razionale della società che deve far valere la verità
    «e [la] sensatezza di un'aspirazione alla pace,
    alla libertà e alla gioia».
Si ambisce all'emancipazione, da conseguirsi eliminando il potere e l'oppressione.
In America, negli anni Quaranta, Horkheimer e Adorno studiano la Dialettica dell'illuminismo:
    «Con la diffusione dell'economia di mercato
    borghese, l'oscuro orizzonte del mito viene
    rischiarato dal sole della ragione calcolatrice
    sotto i cui gelidi raggi germoglia il seme della
    nuova barbarie (soprattutto del fascismo).»

Il dominio della ragione, in generale, viene qui definito illuminismo.
Suo strumento è il concetto, che divide con il mito, il quale pertanto già racchiude in sé illuminismo.
In una fase precedente al mito l'uomo si comporta in modo magico verso la natura, imitandola (mimesis).
Attraverso il pensiero astratto egli giunge, come soggetto, a oggettivare la natura.
Dominandola, egli è in grado di sopravvivere, anche se a prezzo della sua alienazione.
Questa "oggettivazione" pervade ora all'opposto anche le relazioni fra gli uomini e il rapporto del singolo verso se stesso, divenendo un pendant verso l'astrazione del valore di scambio delle merci nell'economia capitalistica.
L'illuminismo ricade nella mitologia, poiché il soggetto, alla fine, senza opporre resistenza è sottoposto al controllo totale:
    «L'animismo aveva dato un'anima alle cose,
    l'industrialismo rende materiali le anime.»
La morale, l'industria della cultura e la scienza sono determinate nella stessa misura dal puro formalismo della ragione strumentale.
Esse servono al "contesto d'accecamento" come rappresentanti del dominio totale di uomo e natura.
Soprattutto Horkheimer sottolinea che, in tal modo, viene minacciato l'individuo stesso.
Il singolo soggetto viene assorbito nel mondo.
In una fase posteriore, la teoria critica rinuncia progressivamente a una speranza specifica.
Il pensiero filosofico dell'ultimo Horkheimer viene definito «nostalgia del totalmente altro».
Nella Dialettica negativa, Adorno cerca la via per preservare il non-identico, ovvero per salvare il singolo.
Adorno scorge soprattutto nell'arte la possibilità di realizzare questa identità «di se stessi liberata calla costrizione dell'uguaglianza».
Un'ampia arte della sua opera è dedicata all'estetica.

Nella sua opera principale, L'uomo a una dimensione (1964), Marcuse rileva la discrepanza fra il razionale nella funzione della società indutriale e il suo irrazionale, che consiste nel fatto che essa non serve più al libero sviluppo dell'uomo.
Il pensiero rende eterno unidimensioalmente l'esistente e ne occulta l'irrazionalità.
Marcuse, in particolar modo, riprende Freud.
Egli considera la situazione psicosociale repressiva.
Il principio del piacere delle pulsioni originarie, soprattutto l'eros, viene sostituito dal principio di realtà, degenerato a principio di rendimento.
La trasformazione ha come fine la costruzione di una società nella quale soprattutto possibilità aperte garantiscano il naturale sviluppo dell'uomo.

RazionalismoCritico

Razionalismo critico
KARL RAIMUND POPPER (1902) è conosciuto in particolare per i suoi lavori sulla teoria della scienza.
Egli definisce se stesso un realista che osserva con senso comune il mondo esterno e le sue regolarità come realmente dati.
Respinge, invece, la concezione secondo la quale nella scienza si possa cogliere una qualche essenza delle cose.
Popper imputa a questo cosiddetto essenzialismo la responsabiltà dell'arretratezza delle scienze sociali rispetto alle scienze della natura, nelle quali domina un nominalismo metodologico.
Un interrogativo tipico dell'essenzalismo sarebbe: «Che cos'è il movimento?»; per il nominalismo, invece: «Come si muove un pianeta?».
A questo corrisponde la tendenza dell'essenzialismo a trattare concetti il cui senso si rivela tramite la definizione, mentre nel nominalismo enunciati e teorie vengono verificati da deduzioni sulla loro verità.

Per la Logica della scoperta scientifica è importante la trattazione che Popper fa dell'induzione.
Al pari di Hume, egli respinge la possibilità di desumere una legge partendo da una varietà di casi particolari.
La conclusione induttiva non è convincente dal punto di vista logico.
Al contrario, il procedimento deduttivo è valido nel caso del modus tollens: se p è ricavabile da t [p sia una proposizione consecutiva di un sistema di proposizioni q, e p è vero, allora sarà falso anche t].
La delimitazione fra scienza e metafisica non dipende, così, dal procedimento induttivo, bensì dalla possibilità, in linea generale, di una falsificazione empirica (confutazione) delle proposizioni.
Il contenuto di una teoria deve essere determinato doppiamente: il contenuto logico rappresenta la quantità di tutte le proposizioni che possono essere fatte derivare da una teoria; il suo contenuto informativo è la quantità delle proposizioni che sono inconciliabili con la teoria.
Una teoria è, in tal modo, tanto più ricca, in base a quante possibilità di critica e falsificazione offre.

L'acquisizione di conoscenza avviene, per Popper, secondo lo schema
P1 - TP - EE - P2.
Il problema P1 viene chiarito tramite una teoria provvisoria TP, sottoposta attraverso discussione o verifica sperimentale a una eliminazione degli errori EE, nell'ambito del quale si pone il problema successivo P2.
Tutto il sapere è, quindi, sapere presunto, e ogni teoria è un'ipotesi.
La conoscenza è sempre preceduta da una supposizione, ogni esperienza è "impregnata di teoria".
La vera teoria non viene mai raggiunta; le teorie diventano, piuttosto, sempre più "simili alla verità".
L'intera evoluzione segue, secondo Popper, questo schema.
Il darwinismo non è una teoria scientificamente verificabile, bensì un "programma di ricerca metafisico".
Tutti gli esseri viventi producono da sé soluzioni a problemi che sono esposti a una spinta selettiva.
Gli uomini, però, non scompaiono da soli con i loro errori, ma possono far "morire" ipotesi formulate linguisticamente.
Popper distingue tre mondi.
- Il primo è il mondo della realtà fisica,
- il secondo quello della nostra coscienza.
- il terzo è costituito da problemi e teorie, ed è sovratemporale e oggettivamente costante rispetto al nostro pensiero, sebbene sia creato da esso.
Il numero è, per esempio, un'invenzione tramite la quale vengono creati in modo indipendente nuovi problemi matematici oggettivi.
L'ambito all'interno del quale può avvenire la verifica critica di ogni ipotesi è, secondo Popper, esclusivamente quello della società aperta.
Questa democrazia offre sicurezza e libertà al tempo stesso; è minacciata dalla tendenza totalitaria che Popper scorge nei "falsi profeti" Hegel e Marx e, soprattutto Platone.

HANS ALBERT (1921) individua nel razionalismo critico un possibile compromesso fra la neutraità del positivismo e l'impegno totale dell'esilenzialismo.
La filosofia è vista come compito volto al controllo critico di religione, etica e poitica; esse sono ampiamente immunizzate dal dogma verso proposte di miglioramento, in modo da impedire un'approfondita critica ideologia.
Il dogma si attua, secondo Albert, dalla volontà di certezza, formulata nel principio di ragione sufficiente che esige una spiegazione definitiva per tutti gli enunciati.
Da ciò deriva il "trilemma di Mùnchhausen"; la ricerca di un punto d'Archimede della conoscenza conduce a tre possibilità: il regresso infinito che si spinge sempre più indietro alla ricerca di possibili ragioni, il circolo logico, l'interruzione del procemento.
Nel caso dell'interruzione, la motivazione viene fornita dall'intuizione, dall'esperienza, cosa che, secondo Albert, rappresenta il ricorso a un dogma.
Esso serve al mantenimento delle circostanze vigenti.
A questo Albert oppone la volontà di "illuminismo": si deve sviluppare teorie verificabili e sottoporle a critica come provvisorietà per avvicinarsi alla verità: il fine da perseguire è un comportamento razionale a livello di valutazione e azione degli uomini.

Antropologia-Strutturalismo

Antropologia-Strutturalismo
Nella sua opera I livelli dell'organico e l'uomo HELMUTH PLESSNER (1892-1985) sviluppa, in ba se alla collocazione dell'uomo nella struttura livelli della materia vivente, un'antropologia basata sui risultati della biologia.
Tutta la materia vivente si distingue per la sua posizionalità, ovvero pone in contrasto l'esistente che è in essa verso il mondo che al di fuori di essa sussiste, al quale si riferisce e dal quale assorbe ripercussioni.
Nella pianta, la forma di organizzazione è aperta; essa, cioé, si inquadra per quel che riguarda le sue relazioni vitali in modo direttamente subordinato all'ambiente.
La forma chiusa dell'animale, al contrario, incentra l'organismo più marcatamente su se stesso tramite la formazione degli organi, la mobilità, la separazione di apparato motore e apparato sensorio e dell'organo centrale a essi collegato (cervello).
La sua posizionalità è centrica, perché l'animale non può uscire dal suo centro vitale.
L'uomo si distingue per la sua posizione eccentrica, in quanto, in forza della sua natura riflessiva, è in grado di rapportarsi a se stesso.
Egli considera, pertanto, se stesso nel suo triplice aspetto: come corpo oggettivo, come sé (anima) nel corpo e come io, in virtù del quale può assumere per sé la posizione eccentrica.
A causa della distanza (possibilità di oggettivazione) che l'uomo ha nei confronti di se stesso, la sua esistenza è un compito al quale egli stesso deve adempiere.
Egli deve innanzitutto fare di sé ciò che è ed è pertanto per natura strutturato e destinato al perfezionamento.
Natura e cultura, sensibilità e religiosità sono così sempre presenti nell'uomo.
Tramite un processo imitati vo egli assume ruoli socialmente condizionati, con i quali si appropria di modelli di comportamento e pensiero che, peraltro, sono suscettibili di cambiamento e quindi aperti a forme creative nell' assunzione dei ruoli.

Anche l'antropologia di ARNOLD GEHLEN (1904-1976) si fonda sui risultati delle scienze empiriche e prende le mosse dal confronto fra uomo e animale.
A differenza dell'animale, che è perfettamente adattato al suo ambiente e normalmente governato dall'istinto, l'uomo è, a livello biologico, un essere carente.
A causa della sua inadeguatezza e della riduzione dell'istinto, egli vede la sua esistenza costantemente minacciata.
A questo corrisponde, d'altra parte, la sua apertura verso il mondo e con essa la capacità di apprendimento.
L'uomo deve, così, garantirsi la capacità di sopravvivenza attraverso il suo agire, creandosi un ambiente artificiale, la cultura.

Per la scarsa istintività e l'apertura verso il mondo che lo contraddistinguono, l'uomo si trova di fronte a una costante sovrabbondanza di impressioni e di possibilità di intervento e interpretazione del mondo a cui senza aiuto non potrebbe far fronte.
Molte caratteristiche dell'uomo sono da spiegarsi in base alla loro funzione di sgravamento, poiché rendono possibile l'ordine e l'identità: fra queste sono le istituzioni sociali o le possibilità interne come il pensiero, il linguaggio, la fantasia.

La nascita dello strutturalismo fu fortemente condizionata dalla linguistica strutturale elaborata da FERDINAND DE SAUSSURE (1857-1913).
La lingua (langue) è, secondo Saussure, un sistema di segni che stanno in rapporto tra loro, sistema che esiste completamente solo nella totalità dei parlanti, e che struttura come elemento sociale l'atto linguistico (parole) concretamente individuale (in gran parte inconscio).
La validità delle espressioni linguistiche non è stabilita individualmente; essa deve essere determinata in base al suo sistema di riferimento.
La lingua ha la sua funzione nell'organizzazione della massa amorfa del rapporto puramente convenzionale di significante e significato (concetto).

CLAUDE LEVI-STRAUSS (1908) trasferisce il metodo strutturale all'etnologia per indagare i sistemi di segni e di classificazione dei popoli primitivi.
Egli procede dalla considerazione che esista una struttura inconscia alla base di ogni istituzione, ogni uso o mito che deve essere scoperta, perché in essa si rivela la forma dell'attività dello spirito umano in assoluto.
L'analisi strutturale rivela così che il pensiero selvaggio dei popoli primitivi è capace di astrazione e formulazioni logiche e mira alla conoscenza senza uno scopo preciso.
Esso aspira a un ordinamento logico degli elementi naturali e sociali che si appoggi alle condizioni esistenziali concrete.
Pertanto, Levi-Strauss concepisce il cosiddetto totemismo come un sistema di classificazione verbale che differenzia e ordina i rapporti sociali in analogia alla naturale varietà delle specie animali e vegetali.
L'indigeno costruisce un'immagine coerente del mondo organizzando una griglia linguisticamente strutturata fra sé e la realtà empirica.

Le opere di argomento storico di MICHEL FOUCAULT (1926-1984) aspirano a una "archeologia del sapere".
Loro oggetto è il discorso archiviato che l'umanità nel corso della sua storia ha mantenuto con sé, le sue strutture e le forme del sapere stabilite tramite esso.