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"ILLUMINISMO FRANCESE"
Pascal-Voltaire Illumin.Francese

Illuminismo francese I
Fortemente influenzato dal razionalismo cartesiano fu il geniale fisico e matematico BLAISE PASCAL (1623-1662).
Nella fase seguente alla definitiva conversione (1654), narrata nei Memoriali, egli pose la sua vita al servizio della fede:
    «al Dio di Abramo, al Dio di Isacco, al Dio
    di Giacobbe, non al Dio dei filosofi e dei dotti.»

L'astrattezza cartesiana viene affidata al sentimento religioso del singolo.
Pascal si schierò in difesa del giansenismo, movimento teologico sviluppatosi all'interno del cattolicesimo e fortemente caratterizzato dalla dottrina della grazia divina.

I Pensieri, opera che Pascal pianificò con l'intenzione di farne una grandiosa apologia del cristianesimo e rimasta incompleta per il sopraggiungere della morte, si compone di pochi frammenti.
In essi, Pascal delinea l'immagine dell'uomo, posto fra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande.
Poiché, peraltro, l'ambito della ragione si estende solo al finito, il cuore (coeur) conquista una vera e propria valenza conoscitiva:
    «Conosciamo la verità non solo attraverso la
    ragione, ma anche tramite il cuore; perveniamo
    alla conoscenza dei principi primi secondo
    i modi di esso.»
Questi principi primi (certezza del mondo esterno, spazio, tempo ecc.) possono essere confermati dalla ragione solo in un momento successivo.

Pascal distingue fra l'esprit de finesse, spirito che si conforma al cuore e l'esprit géométrique, espressione della ragione.
Entrambi devono agire insieme, perché il matematico ha bisogno di definizioni e principi come la persona sensibile di argomenti razionali.
Lo splendore della ragione è, pertanto, il suo limite.
Al cuore spetta, inoltre, la decisione più importante: dichiararsi a favore o contro la fede.
Una volta compiuta questa scelta, l'individuo fonderà umilmente la sua esistenza solo in Dio:
l'uomo è un essere infelice, collocato fra essere e non essere; quasi un angelo, per il suo intelletto, ma anche simile all'animale per la sua miseria.
    «L'uomo è solo una canna;
    ma una canna che pensa.»


La produzione di VOLTAIRE (pseudonimo di Francois Marie Arouet; 1694-1778) comprende Opere satiriche, romanzi, tragedie, scritti di argomento storico e, soprattutto, lettere.
Tramite il suo impegno politico e pubblicistico (fu ospite di Federico II il Grande), Voltaire conferì grande efficacia alle idee dell'Illuminismo.
A livello filosofico egli fece propri, al pari di molti suoi contemporanei, soprattutto elementi del pensiero inglese.

Nelle Lettere inglesi, Voltaire loda il progressismo degli inglesi in ambito politico e filosofico.
Il suo pensiero si ispira in gran parte a Locke e soprattutto a Newton: richiamandosi a entrambi, Voltaire lotta contro ogni forma di dogmatismo in nome della libertà individuale; combatte i pregiudizi, e soprattutto quelli insiti nella filosofia razionalista.
La sua posizione critica verso ogni forma di metafisica è netta:
    «Al termine di quasi tutti i capitoli che trattano
    di metafisica dovremmo porre le lettere
    'N.' e 'L': non liquet, non è chiaro.»

In modo particolarmente acceso, Voltaire denuncia il dogmatismo delle religioni: in esso egli scorge le radici dell'intolleranza, della mancanza di libertà, delle persecuzioni e dell'ingiustizia.
Il suo grido di battaglia è: «Ecrasez l'infàme» (`distruggete l'infame', ovvero la chiesa).
Voltaire considera superstizione la maggior parte delle religioni storiche: esse devono essere depurate, a favore di una religione razionalmente fondata che promuova una condotta morale.
Se l'esistenza di Dio è ricavabile dalla creazione, i suoi attributi, che costituiscono la materia dei dogmi, sono inconoscibili.
La prospettiva di Voltaire è deistica: Dio è il creatore dell'ordine cosmico, all'interno del quale egli, però, non interviene in alcun modo.
    «Se Dio non esistesse lo si dovrebbe inventare,
    ma la natura intera ci grida che egli esiste.»

    «L'Encyclopédie fu, come lavoro, quel che
    Voltaire fu come figura.»
(R.-R. Wuthenow)
Come il suo modello, il Dizionario storico-critico di PIERRE BAYLE (1647-1706), l'Encyclopédie fu, a livello pubblicistico, una delle armi più importanti dell'Illluminismo.
Alla sua complessa realizzazione (ventotto volumi, pubblicati fra il 1751 e il 1780), collaborarono le menti di maggior rilievo dell'epoca, come DENIS DIDEROT (1713-1784), filosofo eclettico che da teista divenne panteista e che, in qualità di editore e autore, fu uno dei più importanti realizzatori dell'Encyclopédie; JEAN LE ROND D'ALEMBERT (1717-1783), considerato un precursore del positivismo, il cui Discorso preliminare all'Encyclopédie contribuì in modo fondamentale alla diffusione dell'opera; PAUL D'HOLBACH (1723- 1789), che sostenne, nella sua posizione di ateista, un sensismo deterministico.
Montesquieu-Vico Illumin.Francese

Illuminismo francese II
Il significato dell'opera di CHARLES DE MONTESQUIEU (1689-1755) si delinea soprattutto nell'ambito dell'ordinamento sociale e nel suo fondamento, il diritto.
Le Lettere persiane (1721) denunciano indirettamente la situazione della Francia.
Come Voltaire, Montesquieu considera la società inglese un modello da imitare.

La sua opera principale, lo Spirito delle leggi (1748), si informa soprattutto a modelli inglesi, in primo luogo a Locke.
Punto di partenza è il confronto fra le condizioni di base di una società e la sua organizzazione giuridica.
Dall'analisi del diritto naturale egli giunge alla conclusione che il diritto positivo non è stato costituito arbitrariamente per arginare una condizione naturale di guerra (contrariamente a quanto sostenuto da Hobbes).
Esistono, piuttosto, ragioni naturali, che Montesquieu definisce come la natura delle cose.
Da esse deriva lo spirito delle leggi.
    «Diversi sono i fattori che determinano gli
    uomini... dai quali si forma uno spirito
    universale.»
-La natura del territorio influisce sulla costituzione: un'area geograficamente estesa tende a darsi una costituzione monarchica, mentre in una limitata è più facile che si instauri una costituzione repubblicana.
- Il tipo di clima: un clima caldo favorisce il perdurare dell'ordine vigente.
- Altri motivi di natura storico-sociale: la religione, i costumi, la storia, la forma di commercio e, in particolar modo, i principi a cui il governo si informa.
Ognuno di questi fattori, assume però un diverso rilievo a seconda dello stato giuridico.

Montesquieu distingue tre forme di stato:
- il dispotismo, al quale egli attribuisce come principio la paura;
- la monarchia, che si fonda sul senso dell'onore;
- la repubblica, che può essere democratica o aristocratica e che ha come principio la Virtù.
Una forma di governo può definirsi buona se è moderata, perché solo in tal caso garantisce la libertà.
Ai fini della conservazione della libertà e indispensabile una separazione dei poteri attraverso il potere stesso, ovvero una divisione dei poteri in:
- potere legislativo, diviso in due camere, una camera alta avente funzioni di controllo (corps des nobles) e una camera bassa con compiti legislativi; scopo del potere legislativo è controllare l'esecutivo;
- potere esecutivo, avente diritto di veto sul legislativo;
- potere giudiziario, che deve essere nettamente separato dall'esecutivo.


GIAMBATTISTA VICO (1668-1744) intraprese il grandioso tentativo di fare della storia il campo di indagine della conoscenza umana.
Nella sua opera maggiore,
Principi di una scienza nuova d'intorno alla natura delle nazioni,
egli procede dalla tesi "vero et factum reciprocantur": conoscenza significa sapere il modo in cui una cosa nasce.
Possiamo avere, pertanto, perfetta conoscenza delle cose che noi stessi abbiamo creato (verità come "fatto").
Da questo deriva che la sfera dell'attività umana debba essere la cultura.
La conoscenza è possibile nell'ambito delle matematiche, i cui concetti vengono elaborati dall'uomo.
I risultati della fisica sono solo probabili.
Vico tenta, quindi, di trovare leggi universali nella storia; il fine è la storia ideale eterna.
Esiste un senso comune, perché tutti i popoli concordano, in modo indipendente l'uno dall'altro, su concetti essenziali.
Ma questo implica una disposizione, nello spirito umano universale, che ha le radici nella provvidenza.
Se la storia spiega la natura umana, materia di lavoro sono per Vico la lingua e la sua tradizione; l'etimologia e l'enorme patrimonio di miti e poesia documentano lo sviluppo storico, che si compie attraverso passaggi fissi:
    «Il carattere delle nazioni è in principio rozzo,
    quindi severo, più tardi mite, successivamente
    raffinato, infine dissoluto.»
Le nazioni conoscono tre età:
- l'età degli dei: tutto il potere è nelle mani degli dei e della religione; gli uomini sono rozzi e la loro lingua è geroglifica;
- l'età degli eroi: i costumi severi dei "figli degli dei" governano gli uomini, il linguaggio dei quali si sviluppa come poesia;
- l'età dell'uomo: conseguita la piena coscienza di sé, gli uomini si emancipano dal culto degli dei e degli eroi; ripongono fiducia nelle loro capacità, che trovano un sostegno nel linguaggio in prosa.

Infine, la società si perde nel lusso e la sua decadenza (ricorso) la conduce al crollo, dopo il quale prende avvio un nuovo corso.
L'ascesa inizia con i barbari dopo il crollo dell'impero romano, conduce, attraverso la teocrazia, all'età degli eroi del feudalesimo medievale e, infine, alla cultura del Rinascimento.
Rousseau Illumin.Francese

Illuminismo francese III
JEAN JACQUES ROUSSEAU (1712-1778) rappresenta, all'interno dell'Illuminismo, un momento di transizione: egli accentua, da un lato, il richiamo alla libertà tipico degli illuministi; è precursore, dall'altro, della protesta romantica contro l'Illuminismo.
Rousseau presuppone un libero stato di natura dove ogni individuo, vivendo in una condizione di forte isolamento e interamente immerso nell'ordine naturale, può affidarsi completamente alle proprie sensazioni.
In contrasto con questo, la riflessione rappresenta una fonte di mali sociali e dell'allontanamento dell'uomo da se stesso.
Da ciò ne deriva
    «che la condizione di riflessione è contro natura
    e un uomo che si lambicca il cervello è un animale
    degenerato».
Rousseau assume come fondamentale l'amor proprio (amour de soi), dal quale derivano tutti gli altri sentimenti e, in particolar modo, la pietà.
Dalle condizioni naturali si sviluppano organizzazioni sociali primitive che, peraltro, non compromettono l'eguaglianza e la libertà vigenti.
Con lo sviluppo della cultura (lingua, scienza, arte) e delle forme sociali, l'eguaglianza naturale scompare.
L'originario amor proprio si trasforma in egoismo (amour propre).

La divisione del lavoro e la proprietà privata determinano una svolta fondamentale, poiché le situazioni patrimoniali spingono gli uomini alla concorrenza.
La cultura, sostenuta dall'amministrazione della giustizia
    «che opprime chi è debole e favorisce i ricchi»,
incatena l'uomo.
Ragione e scienza indeboliscono le predisposizioni naturali; il lusso infiacchisce gli uomini, la buona educazione li rende falsi.
Nell'Emilio (1762), Rousseau illustra esemplarmente il suo ideale pedagogico: il fine dell'educazione risiede soprattutto nell'impedire che il fanciullo subisca l'influenza negativa della società.
Lo scopo di educare l'animo si persegue attraverso un'"educazione negativa": il precettore non deve indottrinare l'allievo; il bambino deve imparare autonomamente, attraverso le esperienze che vive; l'impostazione educativa deve, a tal fine, essere adeguata al suo grado di sviluppo.

In un primo momento, perciò, è necessario che il bambino conservi la propria autonomia e tragga insegnamenti direttamente dalle cose.
Con l'inizio della giovinezza, al ragazzo deve essere impartita un'istruzione artistica, religiosa e letteraria e, conformemente con le sue esigenze, potrà confrontarsi con la società.
Il precettore ha il compito di predisporre un contesto adeguato, nell'ambito del quale il bambino abbia anche l'opportunità di irrobustirsi nel corpo.
Per costruire un'esistenza semplice e serena è necessario l'apprendimento di un lavoro manuale insieme alla lettura del primo libro, il Robinson Crusoe di Defoe.

Allo stesso scopo di restituire all'uomo la libertà è dedicata
la filosofia sociale e dello stato.
Fondamentale è, in proposito, l'idea del Contratto sociale (Contract social, 1762):
    «Ognuno di noi sottomette la propria persona
    e tutto quanto gli appartiene alla comunità
    sotto il potere sovrano della volontà generale.»
Ogni cittadino, sottoponendosi alla volonté générale si fa garante della propria libertà e dell'eguaglianza di tutti, poiché la sua propria volontà rientra nella volontà generale.
Egli si sottomette, pertanto, esclusivamente alla propria legge.
La rinuncia alla libertà tipica della condizione naturale porta al conseguimento della libertà di diritto.
Analogamente, per quel che riguarda il trasferimento della proprietà, la legittima proprietà è assicurata solo attraverso la sua consegna (simbolica) alla collettività: i proprietari divengono "amministratori del patrimonio".
Dal contratto sociale deriva la sovranità del popolo.

Le leggi hanno validità solo se vengono emanate in accordo con la volontà generale, altrimenti sono da considerarsi ordini emessi individualmente.
Inoltre, devono essere aboliti i casi in cui una volontà particolare riesca a imporsi.
Anche una deviazione dalla volonté de tous (somma delle volontà individuali) non porta ad alcuna modifica nella validità della volonté générale come norma suprema.
La volontà del popolo trova espressione nelle leggi, che a loro volta devono essere applicate dal potere esecutivo.
    «Risulta subito chiaro che non è necessario
    chiedersi a chi competa la legislazione - poiché
    essa consiste degli atti della volontà generale -
    né se il sovrano stia al di sopra delle leggi - poiché
    egli è un membro dello stato - né se la legge
    possa essere ingiusta - poiché nessuno è ingiusto
    verso se stesso - né in che modo si possa essere
    al tempo stesso liberi e tuttavia sottomessi a
    leggi - poiché esse sono solo segno della nostra
    decisione volontaria.»
La forma dì stato ideale è rappresentata, secondo Rousseau, da piccole democrazie, poiché tramite esse è più semplice la costituzione di un'assemblea del popolo.
I cittadini devono essere di costumi semplici e il più possibile uguali fra di loro per quel che riguarda beni e diritti.
È necessaria una comune religione di stato, che contempli tra i suoi dogmi la sacralità del contratto sociale e delle leggi.