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Esistenzialismo-1
"ESISTENZIALISMO"
Esistenzialismo-1
Fra i filosofi esistenzialisti del XX secolo, KARL JASPERS (1883-1969) subì in modo molto marcato l'influenza del pensiero di Kierkegaard.
Jaspers concepisce la sua filosofia come risposta alle questioni poste da Kierkegaard e da Nietzsche.
Successivamente, egli si distinse anche per il suo impegno politico, come è documentato dalla sua attività di scrittore.

Nella prima delle sue opere maggiori, Filosofia (1932), Jaspers indica innanzitutto i limiti della conoscenza scientifica, oggettiva: nelle scienze tutto viene ridotto a essere-oggetto, ovvero indagabile dall'esterno.
Pertanto, io non ho la possibilità di comprendere l'essere che io stesso sono, perché posso sapere di me stesso solo dall'interno, prendendo coscienza delle possibilità che mi sono proprie.
Perciò, è compito della ragione chiarificatrice indicare a ogni individuo le condizioni del proprio essere se stesso, di cui egli deve acquisire coscienza e che solo egli stesso può realizzare.
Ciò che l'uomo può realmente essere non è ancora dato con il suo solo esserci empirico, ma è un compito che egli deve necessariamente assumersi nella sua libera Essere se stesso (=Selbstsein) è pertanto, secondo Jaspers, tutto quanto costituisce essenzialmente il mio sé a differenza di tutto quel che mi appartiene esteriormente, che è permutabile e dipende da fattori che non sono stato io a porre.
    «L'essere che
    - nella manifestazione dell'esistenza
    - non è ma può essere e deve essere
    e perciò decide nel tempo se è eterno.
    Questo essere sono io stesso quale esistenza.»
L'uomo si trova, in quanto esserci, in condizioni già definite di tipo naturale, culturale, storico, che non ha posto.
Ma, in tutto questo, decide ancora di se stesso ciò che egli essenzialmente è.
Poiché, peraltro, l'uomo vive innanzitutto e sempre nell'indubbia sicurezza che le circostanze esterne gli forniscono, è necessaria una spinta particolare che lo riporti indietro all'esistenza sua propria.
Questa funzione è assolta dalle situazioni limite, che sono la morte, la lotta, il dolore, la colpa.
Nell'avere esperienza di situazioni limite diviene chiaro che il sostegno dato dalle condizioni di vita esteriori può spezzarsi e io posso essere ricacciato in me stesso.
La forma più accentuata in cui questo accade è la coscienza della morte che rappresenta la minaccia per eccellenza al puro esserci e che diventa pietra di paragone: quel che di fronte alla morte essenzialmente rimane è fatto esistendo; ciò che è caduco è nudo esserci.

L'uomo, però, non può realizzare la sua esistenza possibile senza le condizioni dell'esserci.
L'espressione adeguata al riguardo è la storicità come unità di esserci ed esistenza possibile, libertà e necessità, tempo ed eternità.
L'esistenza possibile non giunge da sola alla sua autorealizzazione ma ha bisogno di altro.
Pertanto, grande rilievo viene assunto dalla comunicazione.
Solo attraverso l'altro l'uomo riesce a fare chiarezza su se stesso.
La comunicazione esistenziale consiste nel reciproco spingersi del sé fuori verso l'altro.
Se l'esistenza non può essere fondata tramite il semplice esserci essa dovrà avere un'altra origine, che Jaspers individua nella trascendenza.
In essa l'esistenza possibile trova il suo orientamento; la trascendenza rappresenta la sorgente e la possibilità della sua libertà.

Nella sua seconda, fondamentale, opera filosofica,
Sulla verità (1947), Jaspers dà sistematizzazione al suo pensiero con la dottrina dell'orizzonte onnicomprensivo.
L'orizzonte onnicomprensivo è ciò che comprende ogni singolo esistente, senza essere a sua volta compreso da un altro; è l'essere stesso.
I sette modi dell'orizzonte onnicomprensivo sono: l'esserci, che è la mia vita nel mondo che la circonda, è l'ambito d'esperienza in cui tutto deve entrare per essere per me; la coscienza in generale è lo strumento del pensiero generalmente valido, oggettivo; lo spirito, al contrario, vive nella compartecipazione a idee cariche di totalità e significato.
A questi modi, che sono me stesso, sta di fronte come oggetto il mondo, in qualità di spazio nel quale deve manifestarsi tutto quanto è.
Questi modi immanenti dell'orizzonte onnicomprensivo vengono superati dall'esistenza possibile e dalla trascendenza.
Quest'ultima è definita da Jaspers come l'orizzonte onnicomprensvo dell'orizzonte onnicomprensivo, come fondamento primo di tutto l'essere.
L'esistenza possibile può fare esperienza della trascendenza tramite le cifre (simboli) che rappresentano il linguaggio della trascendenza nell'immanenza.
Attraverso la lettura delle cifre (che possono essere di ogni specie, p. es., la natura, la storia, il naufragio) l'immanenza diviene trasparente alla trascendenza.
La ragione, infine, è la forza che favorisce la ricerca dell'unità e della verità.
Essenziale è, per Jaspers, che tutti i modi dell'orizzonte onnicomprensivo abbiano la stessa origine e siano collegati l'un l'altro.
Ogni modo trova il suo significato di verità nel rapporto di dipendenza verso gli altri.
La falsità si presenta quando uno dei modi viene isolato e il suo valore viene posto come assoluto.
Esistenzialismo-2

Esistenzialismo-2
L'esistenzialismo di JEAN PAUL SARTRE (1905-1980) raccoglie ed elabora suggestioni dalla fenomenologia di Husserl, da Heidegger, Hegel e, in una fase successiva, dal marxismo.
Come Camus, Sartre fu autore di teatro e romanziere, motivo per cui l'esistenzialismo a tratti assume, in particolar modo in Francia, le caratteristiche di una "tendenza della moda".
La prima opera importante di Sartre, L'essere e il nulla, rappresenta il tentativo di costruire un'ontologia fenomenologica e procede dall'interrogativo sull'essere.
Egli distingue l'essere in-sé come essere delle cose indipendente dalla coscienza, dall'essere per-sé, l'essere dell'uomo determinato dalla coscienza.
L'in-sé non si riferisce né a se stesso né ad altro; esso è, inoltre, "impenetrabile", ovvero positività non interrotta da alcun non-essere;
è ciò che è.
Il nulla è dato solo dalla coscienza dell'uomo.
Il per-sé ha capacità di nullificazione.
    «L'essere tramite il quale il nulla entra nel
    mondo è un essere al quale nel suo essere interessa
    il nulla dell'essere: l'essere tramite il
    quale il nulla giunge nel mondo deve essere il
    suo proprio nulla.»
Questa è la determinazione dell'esistenza umana.
Essa racchiude in sé la sua negazione, è contraddittoria:
un essere
    «è ciò che non è e non è ciò che è».
Attraverso questo concetto Sartre intende esprimere che l'uomo è un essere che progetta se stesso oltre il presente verso il futuro: egli è determinato essenzialmente dalle sue possibilità.
Tramite questo progetto è sempre già oltre se stesso, è ciò che ancora non è.
L'uomo non può neppure ridursi a ciò che è effettivamente dato:
egli è non solo ciò che è ma quel che fa di se stesso.
La condizione dell'essere dell'uomo è perciò la libertà, poiché non può fare null'altro che realizzare se stesso, fare di sé ciò che è; egli è condannato alla libertà.
La libertà è la nullificazione dell'in-sé per mezzo del progetto.
Essa non viene annullata tramite quanto è effettivamente dato
(p. es. l'opposizione delle cose, il prossimo, la corporeità), poiché solo la libertà si rivela come limite; è limitazione solo all'interno di un progetto di vita concreto.
Poiché per Sartre non esiste un Dio che conferisca all'uomo la sua essenza,
egli si determina nella sua stessa esistenza:
    «Che cosa significa qui che l'esistenza precede
    l'essenza? Significa che l'uomo innanzitutto
    esiste, incontra altri uomini, compare
    nel mondo e successivamente si definisce.»

L'uomo è condannato alla totale responsabilità di se stesso; ha, però, anche la possibilità dell'insincerità verso se stesso.
Il concorso di effettività e libero progetto assume a tal proposito un'interpretazione diversa e viene applicato in modo tale da evitare la responsabilità del proprio essere.
Un importante significato riveste l'analisi dei rapporti con l'altro.
Sartre rivela la struttura dell'essere-per-l'altro attraverso l'analisi dello sguardo (che non è limitato all'occhio come organo di senso).
L'essere visto significa che l'essere del singolo è posto sempre dalla presenza di altri.
Da solo, il singolo si abbandona al suo comportamento immediato; non si pone alla sua coscienza come colui il quale in sé è nel suo fare.
Nella situazione dell'essere osservato dall'altro egli, tuttavia, si irrigidisce a oggetto, in quanto è in balia del giudizio dell'altro.
Sartre chiarifica questo concetto tramite l'esempio della persona che origlia: in preda alla curiosità, egli si abbandona ai suoi atti senza coscienza; sorpreso da un altro, egli viene determinato, in quel momento, per quel che è, una persona gelosa che origlia.
Per conoscere se stessi è necessario l'altro.
La condizione di essere in balia degli altri che ne deriva è superata se il singolo progetta se stesso coscientemente in base alle sue possibilità.
Egli fa esperienza del suo essere se stesso non essendo l'altro.

Nell'opera Critica della ragione dialettica, Sartre tenta una connessione fra esistenzialismo e marxismo.
L'interpretazione marxista della storia dal punto di vista dell'illogicità fra le condizioni economiche e l'alienazione dell'individuo tratta la realtà storica e sociale all'interno della quale si compie il progetto dell'esistenza.
Pertanto, Sartre aspira a una mediazione dialettica fra la libertà individuale e i condizionamenti materiali ed economici della società.
Il compito a cui adempiere consiste
    «nel creare una conoscenza comprensiva che
    ritrovi l'uomo nel suo ambiente sociale e lo
    segua nella sua realtà o il progetto che metta a
    confronto l'uomo in base a una determinata situazione
    con quanto è socialmente possibile».

Del pensiero marxista Sartre critica l'asservimento dell'individuo a una costruzione storica aprioristica.
Perciò è necessaria un'integrazione di esistenzialismo e marxismo, in modo da spezzare la dogmatica del secondo.
Esistenzialismo-3

Esistenzialismo-3
L'opera di ALBERT CAMUS (1913-1960) può essere definita come un "pensare per immagini".
Più che trattazioni sistematiche di carattere filosofico egli scrisse saggi di argomento politico, letterario e filosofico, racconti, drammi e diari.
Il tema elaborato da Camus che porta il nome Il mito di Sisifo è l'esperienza dell'assurdo manifestantesi nell'abisso invalicabile tra l'io e il mondo.
L'uomo acquisisce conoscenza dell'assurdo all'improvviso, se i margini della quotidianità si spezzano ed egli si trova posto direttamente di fronte all'estraneità e alla ostilità del mondo.
    «L'estraniazione ci coglie: la percezione
    dell'imperscrutabilità del mondo, la sensazione
    di quanto un macigno sia a noi estraneo e
    impenetrabile e l'intensità con la quale la natura
    o un paesaggio ci respingono... Il mondo
    ci sfugge: torna a essere se stesso.»
Ma l'uomo trova in sé una nostalgia inestinguibile per l'armonia perduta e la soddisfazione del senso.
L'assurdo consiste appunto in questa frattura fra l'aspirazione dell'uomo a unità, chiarezza, senso e il mondo che la nega.
    «L'assurdo nasce da questa contrapposizione
    fra l'uomo che domanda e il mondo
    che assurdamente tace.»

L'assurdo deve essere ritenuto prima certezza e premessa.
Ne deriva la rinuncia a ogni interpretazione metafisica dell'esistenza e la richiesta all'uomo di organizzarsi all'interno di un mondo a misura umana, di non sperare in nulla di trascendente, bensì attingere a ciò che è dato.
Il destino dell'uomo consiste nel prendere su di sé il dolore in un mondo privo di senso e senza alcun dio.
L'eroe dell'assurdo è, quindi, Sisifo.
In segno del loro disprezzo e come punizione per la sua volontà di vivere gli dei gli hanno imposto l'esecuzione per l'eternità di un compito assolutamente insensato.
Ma nel momento della presa di coscienza, quando Sisifo ritorna alla roccia per ripetere il suo supplizio, egli è superiore al suo destino.
    «Non esiste destino alcuno che non
    possa essere superato dal disprezzo...
    Esso fa del destino una faccenda umana,
    che deve essere regolata fra uomini.»

Poiché al di fuori dell'uomo e del mondo non può sussistere nulla di assurdo, permane un va- i lore che non può negare l'assurdo senza annullare se stesso: la vita.
L'atteggiamento fondamentale dell'uomo è perciò la rivolta contro l'assurdo.
A causa della sua stessa identità, l'uomo deve attenersi al suo assoluto bisogno di unità e completezza anche se sa che questo bisogno non verrà appagato.
La ribellione dell'uomo contro le condizioni della sua esistenza è il tema del saggio Uomo in rivolta.
Il singolo sa di non essere solo con il proprio destino e si identifica con gli altri uomini che come lui soffrono.
Pertanto, fondamento di ogni rivolta è la solidarietà.
Se l'uomo si sacrifica nel corso della rivolta, ciò accade a favore di fattori positivi (libertà, giustizia) che si elevano al di sopra del suo destino individuale.
A simbolo di questa situazione, Camus sceglie Prometeo, che sottrae il sapere agli dei per portarlo agli uomini che giacciono in uno stato di necessità.
Nella storia si producono forme spurie di rivolta laddove essa rinnega il suo derivare dall'assurdo e dalla solidarietà e sacrifica gli uomini per un fine apparentemente assoluto sfociando nel nichilismo e nel disprezzo per l'essere umano.
Se non è possibile individuare un senso assoluto che governa l'esistenza, l'uomo deve trovare la giusta misura delle sue possibilità.
La strada per giungervi è individuata da Camus nel pensiero mediterraneo che s'incarna nel paesaggio mediterraneo e nel pensiero greco là sviluppatosi.
In questo paesaggio si manifesta anche la conciliazione degli opposti, di luce e ombra, sole e mare.
Anche a tal proposito, Canus attinge alla mitologia greca:
«Nemesi velia, la dea della misura, non della vendetta. tutti coloro che oltrepassano i limiti vengono puniti spietatamente.»

GABIUEL MARCEL (1889-1973) rappresenta la poizione cristiana
nell'ambito del pensiero esitenzialista.
In Essere e avere, Marcel contrappone questi atteggiamenti fondamentali.
Nel nodo dell'avere, che corrisponde al pensiero atratto e oggettivante, si esprime l'atteggiamento concretizzante e di possesso verso il mondo, il prossimo e me stesso.
In questo modo, però, l'uomo non assolve alla sua determinazione ontologica.
egli esiste, in origine, non nella delimitazione bensì nella partecipazione al prossimo e all'essere divino che scorge tramite un "raccoglimento" interiore dedito all'essere.
La partecipazione all'essere si realizza nell'amore che si apre all'altro senza riserve e rimanda, inoltre, a Dio come "tu" assoluto.